19 febbraio 2009

Quando Eduardo parlava col cane

 

Una volta scoprii Eduardo De Filippo che parlava con un cane. Eravamo a Bari, davanti al Teatro Piccinni. Con discrezione ascoltai. Sembrava un colloquio amichevole e abituale. L'uomo parlava a bassa voce, fitto fitto. Il cane ascoltava compreso, scodinzolando.

Eduardo chiedeva al cane, un bellissimo esemplare multirazziale, pezzato, con uno sguardo dolcissimo: A chi sei cane?".

Pensai di non aver capito e drizzai le orecchie, come, del resto, fece anche la bestiola. Eduardo chiese ancora: "Ne', si può sapere a chi sei cane?". Il cane rispose con un guaito che era un lamento come per dire: "Caro Maestro, purtroppo non sono cane a nessuno. Mi piacerebbe molto essere cane a qualcuno ma, evidentemente, sono figlio di un Dio minore e, quindi, non sono cane a nessuno".

Eduardo capì e lo accarezzò sconsolato come per dirgli che avrebbe voluto che potesse diventargli cane, ma che non poteva, che non doveva e che la sua vita e il suo lavoro glielo impedivano.Si allontanò meditabondo verso l'ingresso del palcoscenico e io lo accompagnai, consapevole che quel cane ci avrebbe seguito con lo sguardo triste di chi non è cane a nessuno. Eduardo non parlava e io non mi azzardavo a rompere la sua magistrale pausa di silenzio, poi mi disse: "Quando si nasce cane è meglio nascere cane a qualcuno".

Solo allora compresi il mirabile dativo di possesso con il quale sanciva il rapporto strano e bellissimo tra questo umile amico dell'uomo e l'uomo, quando l'uomo è onesto.

Un rapporto che migliora entrambi i contraenti. Forse perchè uno è una bestia.

Michele Mirabella
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